Nessuna sicurezza senza una propria industria d’armamento
Per potersi difendere, la Svizzera ha bisogno di un esercito operativo. L’industria dell’armamento è garante del corretto funzionamento dei suoi sistemi d’arma. Tuttavia, a causa delle norme molto restrittive in materia di esportazione di beni militari e del divieto di riesportazione, questo settore industriale sta scomparendo in Svizzera. Senza esportazioni, non può sopravvivere economicamente. Ma senza una propria industria dell’armamento, la Svizzera vede minacciata la sua sicurezza e la sua sovranità. La revisione della legge federale sul materiale bellico (LMB), che dovrebbe consentire nuovamente l’approvvigionamento dei Paesi vicini, deve essere portata a termine rapidamente.
Etienne Bernard
Segretario centrale swissPersona
Traduzione Carlo Spinelli
Base tecnologica ed industriale rilevante in materia di sicurezza
Una base tecnologica e industriale performante costituisce per molti stati una componente importante della politica d’armamento. Per la Svizzera, questo aspetto riveste un’importanza particolare, perché in qualità di paese neutrale non appartiene ad alcuna alleanza per la difesa e non può quindi contare su alcun sostegno militare da parte di altri stati. A tal fine, dispone di un’importante base tecnologica e industriale rivelante per la sicurezza (STIB).
La STIB ha il compito di contribuire a ridurre in determinati ambiti la dipendenza della Svizzera dall’estero in termini di politica d’armamento e dovrebbe essere in grado di assicurare le competenze tecnologiche ed industriali centrali per l’esercito ed altre istituzioni di sicurezza statale della Confederazione con le capacità necessarie in Svizzera.
Capacità e competenze industriali fondamentali
I sistemi d’intervento critici dell’esercito sono stati definiti a partire dalla valutazione della rilevanza per la sicurezza di tutti i sistemi dell’esercito. La STIB dovrebbe poter fornire prestazioni importanti in ambito di sviluppo di componenti, integrazione, esercizio e manutenzione al fine di assicurare la capacità di resistenza di questi sistemi.
Attività economiche rilevanti per la sicurezza
I settori industriali rilevanti per la sicurezza sono stati stabiliti in base alla nomenclatura generale delle attività economiche (NOGA) e rappresentano circa il 20% di esse: informatica e servizi informatici, telecomunicazione, elettronica e ottica, costruzione di macchine, riparazione e installazione di macchine ed equipaggiamenti, metalli e prodotti metallici, gomma e materie plastiche, prodotti chimici, costruzione di veicoli e componenti per auto, aeronautica (trasporto aereo), indagini tecniche, fisiche e chimiche, ricerca e sviluppo.
La nostra industria degli armamenti è sull’orlo del baratro
Come conseguenza dei dividendi della pace dopo il crollo dell’URSS, i bilanci destinati alla difesa in Europa sono stati drasticamente ridotti. In Svizzera, l’esercito è stato rovinato da 30 anni di risparmi e con esso anche l’industria degli armamenti. Aziende di punta come Oerlikon Contraves, SIG Sauer, Mowag e aziende della Confederazione (polveri&cariche propulsive Wimmis, RUAG International, RUAG Ammotec) sono state vendute a concorrenti stranieri.
La guerra in Ucraina completa il quadro con l’andamento negativo delle esportazioni di materiale bellico negli ultimi due anni. Dopo essere diminuite del 27% nel 2023, sono calate ulteriormente del 5% nel 2024. Le esportazioni dello scorso anno riguardano principalmente ordini effettuati prima dell’inasprimento delle norme sull’esportazione di materiale bellico nell’ottobre 2021. Da allora, la Svizzera e la sua industria degli armamenti hanno perso il loro status di partner affidabile. Germania, Danimarca e Paesi Bassi hanno esplicitamente cancellato le aziende svizzere dalla loro lista di potenziali fornitori. In passato, questi paesi avevano talvolta assorbito fino a oltre il 40% delle esportazioni di armi svizzere.
Questa perdita di fiducia mette le nostre aziende produttrici di armi di fronte a difficoltà economiche e alla delocalizzazione di parte della produzione all’estero: Safran Vectronix, produttore di dispositivi di misurazione della distanza e di visione notturna, ha dovuto introdurre la disoccupazione parziale. Swiss P Defence, che produce munizioni di piccolo calibro, ha recentemente licenziato 22 collaboratori. B&T, che produce armi di piccolo calibro, è stata costretta ad aprire una filiale in Germania per poter continuare a rifornire l’esercito tedesco. GDELS-Mowag, produttore di veicoli blindati su ruote, deve creare più valore aggiunto nel Paese del cliente, il che costa posti di lavoro in Svizzera. Carbomill ha dovuto cedere il proprio know-how tecnologico ai concorrenti stranieri. I suoi prodotti vengono ora fabbricati e consegnati in questi paesi.
«Swiss free» o nessuna fornitura di armi prodotte in Svizzera è la posizione diffusa all’estero. Gli Stati clienti non vogliono dipendere da ciò che verrà deciso dopodomani a Berna. Allo stesso modo, non vogliono nemmeno dover chiedere ogni volta al Consiglio federale il diritto di trasferire sistemi d’arma in un altro Paese della NATO. L’industria ha bisogno di fornitori in grado di garantire consegne per 30 anni e oltre. Tuttavia, la Svizzera ha subito una perdita totale di fiducia: è percepita come uno Stato approfittatore e giuridicamente precario.
Il terzo inasprimento della legge sul materiale bellico e il divieto di riesportazione, entrati in vigore prima dello scoppio della guerra in Ucraina, hanno praticamente eliminato la possibilità di esportare beni bellici. Ciò mette in pericolo l’esistenza dell’industria degli armamenti e quindi anche la sicurezza della Svizzera.
Revisione della legge sul materiale bellico (LMB)
Lo scorso giugno, il Consiglio degli Stati ha deciso di facilitare l’esportazione di materiale bellico verso gli Stati partner (principalmente Stati membri della NATO) che hanno assunto gli stessi impegni internazionali della Svizzera in materia di controllo del commercio di armi. D’ora in poi, le esportazioni verso questi Paesi saranno autorizzate anche se sono teatro di conflitti interni o esterni. Tuttavia, il Consiglio federale deve ottenere la competenza di rifiutare l’autorizzazione all’esportazione se devono essere tutelati gli interessi della Svizzera in materia di politica estera o di sicurezza. A titolo complementare, il Consiglio degli Stati ha deciso che in futuro questi stessi Stati potranno trasmettere ad altri Paesi, senza l’accordo della Svizzera, il materiale bellico che hanno acquisito. Grazie a queste decisioni, si apre la strada all’abolizione del «blocco NATO» e all’«intercambiabilità» per gli Stati partner europei.
Nonostante questa soluzione praticabile, la Commissione della politica di sicurezza del Consiglio nazionale (CPS-N), attualmente responsabile del dossier, ha rinviato le discussioni alla sessione invernale. Il Parlamento discute questa revisione già da più di due anni. Ciò è del tutto irresponsabile, vista la situazione della sicurezza in Europa e il fatto che l’industria nazionale della difesa si trova con le spalle al muro. Non solo la Svizzera invia un segnale disastroso, ma compromette anche la sua sicurezza e la sua sovranità. swissPersona esorta la CPS-N a trattare questo dossier con urgenza. ■ (Foto: DDPS, Philipp Schmidli)