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Intervista con Aldo C. Schellenberg

Processo di introduzione fattibile e trasparente

Dall’inizio di quest’anno il Comandante di Corpo Aldo C. Schellenberg é Capo del Comando Operazioni e sostituto del Capo dell’Esercito svizzero. Nell’intervista diamo uno sguardo sui suoi compiti e le sue maggiori sfide.

 

Intervista a cura di Beat Wenzinger | Redattore di swissPersona
Traduzione Carlo Spinelli

 

swissPersona: Ha nel privato o professionalmente un motto?

Aldo C. Schellenberg: Con l’entrata in funzione della nuova attività professionale, mi sono concentrato in modo intenso sul motto del Comando Operazioni «Unus pro omnibus – omnes pro uno!» (uno per tutti, tutti per uno!) e personalmente mi identifico in questo.

Nella sua funzione é responsabile della prontezza adeguata alla situazione e della pianificazione di impieghi e operazioni dell’Esercito. Qual’é stata a tutt’oggi la sfida maggiore?

Ringraziando il cielo, con l’attuale situazione di sicurezza, l’Esercito ha dovuto unicamente esercitare ed allenare, senza doverlo realmente dimostrare, situazioni come la mobilitazione e la protezione del territorio e delle persone da aggressioni militari dall’esterno. Il quotidiano é caratterizzato da impieghi dell’Esercito in favore delle autorità civili nell’ambito della sicurezza come l’annuale convegno del WEF a Davos oppure in occasione di situazioni straordinarie dovute alla siccità nelle regioni alpine. Il sostegno alla polizia, alle Guardie di Confine, alla polizia dello spazio aereo, ad azioni di ricerca e trasporto fanno anche parte della quotidianità. La maggior preoccupazione consiste, in presenza di avvenimenti straordinari, nel mettere a disposizione i corpi di truppa in corso di ripetizione, idonei alla missione ed avere a disposizione l’equipaggiamento necessario per adempiere al compito. Per fortuna fino ad oggi abbiamo potuto evitare la mobilitazione di formazioni specialmente formate.

Veniamo in breve al tema Ulteriore Sviluppo dell’Esercito (USEs). È in esecuzione? Quale la sua più bella esperienza? A che punto si trova l’attuazione?

L’attuazione dell’USEs avviata al 1° gennaio 2018, con la prevista completazione entro la fine del 2022, é sulla buona via. Posso affermare che il raggiungimento delle pietre miliari mi rassicurano per proseguire con i lavori che ancora ci attendono.

Anche con le notevoli modifiche di carattere organizzatorio l’Esercito ha fin dal primo giorno assolto i compiti con l’assoluta soddisfazione da parte del richiedente. È una notevole esperienza vedere come i nostri militi hanno assolto il loro compito in condizioni limite ed ininterrottamente con temperature di meno 20° in occasione del WEF. Per me é una conferma che la milizia non é il contrario della professionalità ma bensi un vantaggio. I risultati ottenuti in occasione dei numerosi esercizi di mobilitazione stanno ad indicare che siamo sulla giusta strada per l’adempimento dei compiti imposti dal concetto della mobilitazione. Per questo posso affermare che oggi l’Esercito é in condizione di mettere sul piede entro le 96 ore dall’avvenimento fino a 8’000 militi pronti all’impiego.

Grandi passi li abbiamo fatti anche nell’ambito della istruzione dei quadri. Tramite il nuovo concetto dell’istruzione, i giovani quadri dispongono di una maggiore esperienza nella condotta legata alla missione e possono cosi identificarsi al meglio nell’assumere le  responsabilità nell’istruzione e impiego. Le nuove forze portano con se le loro competenze e nei successivi corsi di ripetizione le potranno trasmettere in modo efficace.

Beninteso entro il 2022 rimane ancora molto da fare. La mobilitazione dev’essere ulteriormente esercitata e perfezionata cosi da permettere all’Esercito, al massimo entro 10 giorni dalla chiamata, di disporre fino a 35’000 militi in appoggio alle autorità civili.

Si tratta comunque di un impegno non indifferente ma in contemporanea una delle più importanti realizzazioni dell’USEs.

Per questi motivi entro la fine del 2022 dovremo utilizzare il tempo per limare le differenze negli effettivi degli specialisti dei battaglioni. Qui, l’elevato numero di persone (troppe) che al termine dell’istruzione di base optano per il servizio civile, ci preoccupa non poco. Questo argomento occupa pure le istanze politiche.

Non da ultimo non dobbiamo dimenticare che l’esercito di milizia necessita in particolare nei servizi di istruzione di base (Scuole reclute, Scuole quadri) di un numero sufficiente di militari di professione qualificati. Se nel futuro non formeremo un numero sufficiente di quadri di professione, l’intero modello di servizio dell’Esercito sarà messo in pericolo.

Uno dei maggiori progetti di armamento é alle porte. Crede lei che il progetto Air 2030 – nuove armi antiaeree e nuovi aerei da combattimento – dal costo di otto miliardi di Fr.- otterà il consenso del popolo?

Si, sono convinto che dal progetto dipende la sicurezza di ogni cittadino e della Svizzera intera. È di importanza fondamentale per la popolazione: senza il rinnovo dei mezzi a disposizione entro il 2030 non avremo più nessuna protezione e controllo efficace del nostro spezio aereo.

Otto miliardi sono tanti soldi. Vengono finanziati dal preventivo ordinario dell’Esercito su un periodo di 10 anni. Nelle discussioni attualmente in corso, questo elemento viene purtroppo sempre tralasciato. Se osserviamo lo sviluppo internazionale possiamo constatare che negli ultimi anni la situazione nel mondo é divenuta imprevedibile e meno sicura. Il mondo non é così pacifico come noi tutti lo vorremmo. Nessuno é in grado di prevedere come sarà la situazione tra 10, 20, 30 anni. Certo é che molti paesi aumentano le spese destinate alla difesa. La Svizzera non può permettersi di sottrarsi a questo. Quale Stato che si é impegnato alla difesa armata della propria neutralità, la Svizzera deve essere in condizione di proteggersi in modo indipendente da ogni possibile minaccia.

Tramite la stampa i partiti politici si sono già espressi in modo critico. Come valuta questa situazione?

Come io ho interpretato la discussione politica, sono poche le domande di contenuto a confronto della procedura politica sul progetto. In qualità di soldato non prendo posizione in merito. Dal lato militare é comunque chiaro che le valutazioni ed i processi di introduzione dei sistemi non possono avvenire in forma separata, altrimenti le sinergie contrapposte non potranno venir considerate ed applicate. L’obiettivo é una difesa integrata dello spazio aereo tramite un efficace misto di aerei da combattimento e difesa con razzi dal suolo.

Il progetto Gripen alcuni anni fa é fallito. Cosa si modifica nel processo di acquisizione dei nuovi aerei da combattimento?

Nel progetto Gripen c’erano alcuni aspetti che non hanno funzionato in modo ottimale ed anno contribuito al suo affossamento. Questo é stato analizzato ed abbiamo tratto i necessari insegnamenti. Il rappoprto del gruppo di esperti all’interno del DPS, pubblicato a fine maggio 2017, é stato riconosciuto da tutte le parti come una base solida. Si tratta qui della sostituzione totale della flotta e non di un singolo modello. Lo stesso modello di quello che acquisiremo deve essere in servizio nel paese fornitore. Con questo evitiamo costi dovuti alla scelta di una via individuale. Esponiamo in modo chiaro le esigenze tecniche cosi da evitare di creare un aeroplanino di carta. Al posto di un singolo progetto proponiamo il programma Air2030 completo. Vogliamo comunicare e sviluppare il processo di acquisizione con la migliore trasparenza possibile.

Quali conseguenze avrebbe per il nostro Esercito il rifiuto del progetto?

Se il progetto Air2030 dovesse naufragare, dal 2030 circa il nostro Esercito non disporrebbe più di aerei da combattimento né tantomeno di un sistema di difesa terra aria. Non ci sarebbe più una protezione da azioni dall’aria per la nostra popolazione e per le infrastrutture sensibili. Senza una protezione aerea le nostre truppe al suolo non potrebbero più garantire di assolvere con successo ai compiti ricevuti. Il Paese sarebbe senza protezione.

Nell’ambito delle campagne di informazione, l’industria e le aziende vicine alla confederazione come la RUAG, vengono coinvolte in modo che la popolazione sia informata di prima mano sulle conseguenze economiche tramite le commesse di compensazione?

La politica e l’economia informano pricipalmente in modo indipendente. Siamo comunque lieti che l’economia riconosce il peso della questione e quindi informa in modo attivo. Swissmem si é espressa in modo positivo sull’importanza delle compensazioni e delle conseguenze economiche. Delle compensazioni ne approfitta l’insieme delle aziende svizzere.

Ha numerosi partner con cui dialogare: politici, autorità, parlamento, collaboratori, media, popolazione. Che cosa si aspetta in questo contesto?

Mi aspetto un reciproco rispetto ed una trasparente e sincera comunicazione. Se questi punti vengono rispettati, le sinergie disponibili potranno venir utilizzate al meglio in favore delle parti coinvolte. Ogni singolo partner é importante e può contribuire alla sicurezza del nostro Paese.

La sua quotidianità è più un «lottare e combattere» oppure la completa con piacere in quanto lei é parte attiva del «rinnovo» dell’Esercito?

È un privilegio essere parte attiva nella applicazione dell’USEs. È comunque anche un notevole impegno e responsabilità. Quanto vissuto fin’ora mi lascia ben sperare per il futuro. Non da ultimo comunque non si tratta di sapere come mi sento ma bensi essere cosciente che il mio lavoro va a favore del nostro Paese delle nostre concittadine e concittadini; per questo mi impegno con tutte le mie forze. ■   Foto VBS

 

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